IL PANCIONE E LA MADONNA

 

  Un ragazzo, capelli radi e corti, stempiatura e piazzola evidenti, indossa un maglioncino a V coi rombi fucsia e color salmone. Guanciotte piene, tipo San Bernardo. Siede a un tavolino della mensa universitaria.  

Accanto a lui, una biondina. Capelli corti, portati a caschetto, che arrivano appena sotto le orecchie. Occhi piccoli e vivaci, in movimento; che infatti, mentre mi siedo ad un tavolino vicino, mi indirizza contro veloce.  

Ha un corpicino perfetto, da modella, ma in miniatura.  

Quello che mi colpisce più di tutto è la serenità e l’equilibrio che emana la purezza del suo volto.

Vicino, il panzone.

Qualcosa stona coi miei modelli di pensiero.

  

– E’ un amico, e stanno studiando insieme –

 

Poi lei lo bacia sulla guancia.

– Solo il fratello o il fidanzato, una ragazza, può baciare sulla guancia. E dopo i tredici anni si smette di baciare il fratello – 

 

I miei pensieri, sono incorniciati da tavolini verde pastello, libri rossi e astucci blu aperti. Da un sapore gradevole di crudo e mozzarella della mia economica piadina. E purtroppo, a squarciare la poesia, il profilo inevitabile al mio sguardo di un culone rosa scuro di una ragazzona che mangia di fronte a me.

 

– E’ il fidanzato? Come può essere? Sarà ricco –

 

Poi sento la sua voce acutina con flessioni femminili e la ‘s’ di pezza, e penso:

“manco fosse ricco”.

 

– E’ l’amico gay con cui è piacevole studiare..-

 

La loro sintonia è dolce e spontanea.

Ora lei, simulando di dargli uno schiaffo, partendo un pò veloce e poi rallentando, gli sfiora delicatamente la nuca.

Lui, con un dito le stuzzica i fianchi.

Lei, con un pollice gli preme la fronte, il naso, la gota che è rivolta dal suo lato, come se seguisse tanti piccoli bottoncini… Ridono.

Lei lo abbraccia.

Lui la guarda. Socchiude gli occhi. Si sporge lentamente verso di lei, congiungendo le labbra con espressione infantile e simpatica. Lei lo bacia.

 

E’ il fidanzato.

 

 

Com’è possibile??

 

 

Eppur l’amore, li rende artisti, poeti e sinceri bambini.

 

 

No!

E’ un esibizionista, non c’è altra spiegazione. Si accompagna con uno così perchè sa che l’accostamento non può che provocare curiosità. E che la gente la guarderà, chiedendosi:

“ ma com’è possibile che una ragazza così..”

E così avrà ogni volta la conferma della sua bellezza.

 

Rhone

Lungo il fiume, turista e solo,
aspetto un saluto che non arriva
Immerso nella non realtà,
cerco di attrarti silenziosamente a me.

Entrero’ nel tempo per avvicinare la tua anima
e lo fermero’ attraverso i versi 
che bruciano nella mia assoluta solitudine.

In quell’eterno, cerchero’ i tuoi occhi
che non mi conosceranno mai,

perchè io vivo solo nella poesia.

SENZAINFAMIASENZALODE

Mi guarda, e piano piano mi mostra il dito medio.

Ci guardiamo negli occhi per un minuto circa filato, finché non le dico: “Perché?” Lei mi risponde: “sfigato”

Io le ripeto: “perché?”

Lei non dice niente,

poi dopo altri 30 secondi che ci fissiamo le dico: “Per me, possiamo stare così tutta la serata..che hai? ti piacciono i miei occhi?”, lei fa spallucce.

I suoi, sono splendidi.

La adoro, mi fissa e mi sfida. Io la adoro. E’ splendida. Mi ha offeso, mi sta sfidando, ma la adoro. E non so neppure il perché mi stia facendo questo. La adoro. La adoro.

Lei lo sa:

sa quello che sono, sa che la voglio e mi mostra il medio.

Lei sa tutto e lo capisce, non so come, ma lo capisce. Io la voglio, e in qualche modo lei lo sa.

E’ con quel senza palle anonimo che ha attaccato lite col mio socio, “è il suo ragazzo?”, eppure non si sono scambiati neppure una carezza per tutta la serata, fatto sta che si accompagna con quel comune senzainfamiasenzalode insulso e pure bruttino.

Ha fatto spallucce e mi continua a fissare, io la guardo e le dico: “Sprechi il tuo tempo con me? guarda il tuo ragazzo, no?”. Mi guarda,

che begli occhi, la adoro. E’ splendida. E’ splendida.

All’improvviso mi viene un idea: mi alzo, mi faccio spazio tra le sedie e raggiungo il suo tavolo.

La guardo e le dico:

“Hai ragione a mandarmi a fanculo, e mi accodo a te: mi mando anch’io a fanculo. E sai perché? Perché appartengo a quel genere di persone che per timidezza non si avvicinano mai a un tavolo di un pub per dire con cortesia e stile a una ragazza come te, che la trovano bellissima, la più bella donna che abbiano mai incontrato.

Io  mi faccio coraggio, e ora, mi sento di chiederti scusa a nome di tutta questa categoria, perché non agiamo e alla fine vi costringiamo ad uscire con uomini vuoti e senza fascino”.

A quelle parole guardai il tizio senzainfamiasenzalode dritto negli occhi, lui accennò una reazione di finto orgoglio, ma si rimise a cuccia non appena vide dietro me Salvo e Gianni spostare di riflesso le sedie, pronti a raggiungerlo.

Conclusi:  

 “E se mi mandi a fanculo, forse è perché tutto questo, tu già lo sai” . 

Pubblicato in Due

PIAZZA GRANDE

 
Da poco rientrato in casa, Giovanni sentì il telefono squillare. Era circa mezzo giorno.  

Andò a rispondere. 

‘Pronto?’ 

Sentì una voce familiare, dire con un tono alto e dispiaciuto: 

‘ Ma no!’ 

Dubbioso chiese: 

‘….Come?’ 

‘Casa Macellari? Salve, sono Magalli da Piazza Grande, il programma su rai due in tv. Siamo in diretta, se accende la tv ci vede’ 

 Sorpreso, e con voce tremolante, Giovanni rispose: 

‘..S.Sì,..un attimo’ 

 Accese la tv, e Vide Magalli in quella scatoletta mentre diceva: 

‘Fatto?’ ‘Vede siamo proprio noi’ 

Giovanni sentì il cuore sussultare, non sapeva cosa pensare. Si sentiva invaso nella sua intimità quotidiana: gli faceva effetto che da un punto in bianco si trovasse a parlare in diretta con un conduttore televisivo e a tutta l’Italia. 

 Magalli, che non aveva ricevuto risposta, chiese ancora: 

“Sig. Macellari..mi vede?” 

Giovanni rispose titubante: 

‘Sì,sì’. 

 “Ecco, vuole che inquadriamo Veronica?” 

 Giovanni un po’ in ritardo e con un ansia che cresceva sempre più rispose: 

“No, no”. 

 … 

Cosa?? 

 Che cosa aveva detto? No no?? Come “no, no”? Gli aveva chiesto se preferisse Veronica a lui, Magalli. Cioè una bella donna, mora, abbronzata, maggiorata, nel fiore della giovinezza…a un ometto calvo e con la pancia. 

E aveva risposto “No, no”??  

Sentì la vergogna bruciargli dentro. 

Era investito da un nuovo flusso violento di energia che gli faceva battere il cuore a mille. Sudavano le mani e la fronte. 

Scoppiò definitivo il panico. 

 Dall’altra parte della cornetta Magalli continuava a parlare. Lo sentì dire distintamente: 

“Preferisce me a Veronica? Ci dovremmo conoscere, lei ha del coraggio, e a me piacciono gli uomini coraggiosi”. 

Probabilmente quel malefico piccoletto aveva anche ammiccato mentre lo diceva, ma Giovanni non se ne era accorto, perché guardava perso un punto fisso sulla cornice della TV. 

Si sentiva deriso, denigrato, umiliato nel profondo. 

Un tranquillo pranzo si era trasformato in una tragedia. 

Esagerava? Chi lo sa. 

Forse un dejà vu. Un drammatico dejà vu, che si era presentato alla sua testa e ai suoi pensieri, come un vetro opaco alla vista. 

“..Sig. Macellari…?..C’è? Mi sente?..Sig.Macellari? Sig. Macellaaarii?” 

  

Giovanni a quel punto, completamente in panico e incapace di ragionare, trovò, quasi come dettato da un istinto innato di sopravvivenza, le ultime forze rimaste per rompere l’immobilità in cui era caduto.. 

… 

e mettere giù la cornetta. 

Muto d’amore

 

 L’orizzonte buio,

lascia spazio a un’ improvvisa luce.

Sei amore,

lo so nel cuore.

Leggo nei tuoi occhi la dolcezza,

e della felicità ricordo la promessa.

Ma confuso in dubbi e incertezze

rischio il vero del messaggio.

Amore vorrei tacere,

per non perderti.

“E’ nel mio cuore il calore che non ti fa soffrire”

ma non ho le parole, per fartelo capire .

BUM

pirata di cera
Era una giornata senza sole, fredda e umida. La stanza semibuia illuminata dalla luce dei computer e da una al neon che stordiva se possibile, ancora di più del tremolio degli schermi.

Giovanni stava ormai da un ora e mezza, tenendo a stento gli occhi aperti. E Il professore non accennava a smettere. Vicino a lui,..c’era lei. Per anni le passava accanto nei corridoi della scuola, e spesso i loro sguardi si incrociavano. Una possibile attrazione c’era, reciproca, ma lui non aveva mai fatto la prima mossa, E non si sentiva in grado di farla. Erano passati anni, e sempre la guardava, ottenendo , sempre, un occhiata di risposta. Era quasi nato un rapporto basato solo su quel non parlare, su quel flirtare con gli occhi.  Certo romantico, ma poco pratico. Era come se ogni volta che si vedevano, entrambi si cercassero per accertarsi che l’altro era ancora interessato a lui, a lei. Ma nessuno prendeva mai l’iniziativa. In realtà Giovanni, sapeva, lo sapeva, se lo sentiva che doveva fare lui il primo passo. Lo percepiva come un obbligo maschile, ma gli si era inceppato qualcosa, in quei meccanismi naturali che fanno l’uomo cacciatore e la donna preda. Era un ragazzo introverso e pieno di vergogna. Viveva come se camminasse sempre sulle punte, per non fare rumore, per non farsi notare. Finalmente, mentre la testa gli stava scivolando dalle mani, semilibera dal peso che ha la ragione quando è sveglia, ormai in uno stato di presonno, Giovanni sentì: “pausa” Si svegliò di soprassalto, si girò e vide che Lei lo stava guardando e sorrideva. “ Proprio non  ce la facevo più” disse lui “ A chi lo dici, io mi sono svegliata 5 minuti fa” disse lei E risero, complici in quel comune sentire. Nel piano dei laboratori, ormai da qualche giorno lo staff dell’università aveva installato una barriera dalla quale si poteva passare solo se muniti di tesserina universitaria. Un passaggio centrale compreso tra due sbarre di ferro orizzontali attaccate al muro. “Io mi riduco sempre così, i primi venti minuti seguo le frasi che dice, poi mi accorgo che sto pensando ad altro, e alla fine testa che pressa i tasti della tastiera e qualche buona anima che a volte mi sveglia, picchiettandomi sulla spalla” Stava andando bene. “eh eh per impedirmi di russare…o di rovinare la tastiera”  Bravo. Si misero a ridere, insieme, in sintonia, naturalmente in sintonia. “Già, ti capisco” concesse lei.  “…Io io ti vedo sempre nei corridoi della scuola, ma non ci siamo mai presentati, mi chiamo Gianni, Giovanni, Tu?” Disse questo porgendo la mano “Manuela.” Rispose lei. Mentre parlavano si erano avvicinati alla barra di passaggio. Lei: Tessera, Barra che si fa da parte. E passò. Rallentò, con la testa girata verso Giovanni, facendogli capire che lo voleva aspettare. Giovanni frugò nel portafoglio. ‘oh cazzo’ Pensò. “Penso di avere dimenticato la tessera” disse. “Ho dimenticato la tessera cazzo” Tornò a pensare La ragazza disse “Io vado al bar a prendere un caffè così mi sveglio un po” sorridendo.  E si avviò. “Oohh” a bassa voce sconsolato. Giovanni si fermò continuando a guardare confuso il portafoglio. Faceva succedere dei movimenti  automatici in una sequenza fissa. Era nervoso, andava di fretta e non voleva perdere l’occasione di continuare a parlare con lei. Controllava prima la tasca laterale, le fessure per le carte di credito, e la cerniera esterna. Una dopo l’altra le controllava tutte a ripetizione. Era come una automa, come uno di quei robot da catena di produzione.  Tasca, fessura, cerniera. Tasca, fessura cerniera. ‘Va bè scavalco’ pensò. ‘Oplà.aaaaa.’ disse. BUM Un tonfo forte e sordo, che fece girare tutti. Lei compresa.   Stavano scendendo le scale quando Giovanni con un salto repentino e veloce, portando tutto il peso del corpo sopra la sbarra, 80 kili, si proiettava dall’altra parte. La sbarra cedette, e come l’unico testimone disse più tardi alle folle incuriosite,.. che si creavano lungo il corridoio, e a mucchietti, Giovanni cadde improvvisamente e trionfalmente per terra. Sia ben chiaro non per il peso, era la sbarra che era messa male. Giovanni si alzò. “Andate avanti, andate avanti” pensava. “Ei tutto bene?”  “oc cazzo”, pensò riconoscendo la voce di Manuela. “ Si, tutto bene, tranquilla” Era diventato tutto rosso in volto, sudava e non riusciva a guardare negli occhi nessuno. “Ma cos’ha fatto?”  si sentiva. “Ma cosa ho fatto.” Pensava. “Ei cos’ha fatto?” “Michi, cos’è successo?” “Io non ho visto” “Neanch’io, stavo scendendo le scale” “Io pure” “Ha tentato di scavalcare?” “Ha tentato di scavalcare” Quelle voci gli arrivavano lontane come a centinaia di metri distanti e invece erano tutti lì che lo circondavano a più o meno due o tre passi. Si scusò mortificato con il guardiano di laboratorio, che nel frattempo era sopraggiunto attratto dalle risa e dal vociare nel corridoio. Prese il solito caffè, e tornò in aula. Passò le restanti due ore, in un suo mondo personale e lontano. Forse pensava che un domani avrebbe potuto riderci su.