OSSEQUI ALL’IMMATURITA’ (L’ESPERIMENTO MILGRAM)

V as vengeance - truth is truth even if no one believes it Lie is a Lie even if everyone believes it

Mi pulisco le lenti. Questo per me è meditare: tornare a vedere chiaro. Riafferrare la propria visione sulle cose, riconoscere il suono della propria voce. Qualcosa che mi rende sereno.

La polvere che sollevo dalla mia anima durante la recitazione del mantra diventa un racconto di idee ben distinte che riesco a visualizzare sul foglio. Grano per grano riconosco concetti in una prospettiva personale che con un pò di sforzo in più, traggo in un senso di dimensione generale. Girovago, senza patria, mi rendo conto che le caratteristiche dell’ambiente storico e temporale continuano a dialogare con la volontà del singolo, affinché specifiche possibilità e tipici limiti forgino individui irripetibili. Eppure, dubito che gli uomini e le donne di quest’epoca ci tengano a sancire l’affrancamento dai trend ereditati dal passato, verso nuovi orizzonti di progresso.

Ho sempre avuto la forte consapevolezza di avere una voce mia sul mondo. Tuttavia, nel mondo, ho fin da subito percepito il pericolo di perderla. E quanto più apprezzavo la solitudine, più era facile ritrovarla. Eppure, non ho mai rinunciato a vivere attivamente cercando nell’integrazione degli opposti la chiave di lettura per vivere in un’equilibrata alternanza di partecipazione e analisi. Convinto che nella partecipazione giacesse il calore che mi fa sentire umano, mentre nell’analisi la libertà che mi fa sentire individuo.

Cani o Gatti, con la lettera maiuscola ad indicare categorie, ben distinte. Tendenze caratteriali chiare e distinguibili in posizioni agli antipodi, gregari e indipendenti, di branco e solitari. Eppure, a un certo punto ho realizzato che mai nessuna persona è veramente e totalmente come un “Cane”, né mai nessuno è totalmente come un “Gatto”, indipendentemente dalla sua tendenza naturale. La lettura realistica dell’integrazione degli opposti porta a rendersi conto che individui tendenzialmente portati all’affiliazione e naturalmente capaci di soddisfare questa tendenza, pur sempre conservano dentro di sé una profonda esigenza di unicità, identità originale e creativa espressione di sé; che, non naturalmente sono in grado di soddisfare. Il diventare adulti e non fermarsi a falsi sé, richiede uno sforzo, un lavoro attivo di completamento di una natura che è incompleta ma desiderosa. All’opposto, una persona con una tendenza naturale all’indipendenza e, naturalmente dotata di sufficienti mezzi per assolverla, d’altra parte possiede un senso profondo di appartenenza che tuttavia non è naturalmente in grado di soddisfare. Affinché non vagabondi consumatore sequenziale di nevrotico godimento deve lasciare spazio alla realizzazione del suo opposto. Sia l’uno che l’altro, il Cane o il Gatto, infatti riconoscono la bellezza della dote dell’altro, ma spesso “si guardano in cagnesco”, o “soffiano l’un l’altro”. Perché chi ha realizzato il senso di appartenenza ha spesso vissuto, in un momento della sua vita, che questa dovesse essere raggiunnta abdicando al proprio desiderio di indipendenza, e spesso riconosce avversando duramente l’altro che “gliela mostra” con tutta la forza della testimonianza di un’altra vita. Chi ha la libertà spesso giunge dal percorso opposto: una volta nella sua vita ha riconosciuto che dovesse sacrificare il calore per mantenersi nella verità di se stesso. Ha fatto questo rinunciando al senso di appartenenza, una delle componenti, equamente caratterizzanti la natura umana, ma nella sua tipologia di “Gatto” tendenzialmente meno vigorosa. Entrambi i percorsi portano ad una frustrazione e alienamento sofferenti. Come due elettroni che nel loro verso di rotazione avendo spin orari o antiorari, “vedono le stesse cose del mondo ma in una sequenza di immagini opposte”.

Forse, diventare grandi, crescere, diventare fedelmente se stessi, seguire la propria tendenza naturale per comprendere ciò di cui più manchiamo per essere veramente noi stessi – ciò che siamo in potenziale destinati ad essere – è proprio questo riconoscere di essere anche la minoranza dentro di noi. Girare in senso orario, poi in senso antiorario e viceversa, fino a vincere lo spin e creare un senso che che vada oltre esso. Rispondere a questa esigenza di minoranza, coltivando al meglio ciò che non ci viene naturalmente meglio con un desiderio vivo e tenace di diventare pienamente ciò che siamo nel percorso della nostra vita potrebbe essere la strada verso la vera realizzazione.

Qualcuno ha esagerato tuttavia con il panem et circenses ed oggi non si sentono più discorsi sulla ricerca della verità e della vocazione.  La seduzione del potere fuorvia tutti, sia quelli che non lo raggiungono sia quelli che lo raggiungono.  Eppure c’era un tempo in cui i giovani facevano a botte quando si sentivano dare del moccioso dai pantaloni corti e non vedevano l’ora di contribuire a risolvere i problemi della loro storia. Sognavano di diventare medici, scienziati, ingegneri per entrare a servizio del loro tempo. In quelle epoche il sapere non era parcellizzato e i campi del sapere trasversalmente visitabili così che non è raro leggere filosofi che erano anche matematici, medici competenti antropologi che viaggiavano per il mondo per conoscere da vicino le diverse civiltà. Non per ostentare souvenir, ma per crescere.

Il fatto di essere nati in occidente in quest’epoca storica vorrà dire sicuramente avere dei limiti, dei vincoli, un perimetro esistenziale, tipici e irripetibili. L’Occidente è una porzione di reale in cui femminile e maschile, trauma e memoria, sogno e dovere, solitudine e appartenenza, progetto e spontaneità, bene e male, potere e debolezza, vita e morte sono coppie di nemici violenti che frammentano le interpretazioni dell’individuo e e trasformano le civiltà in masse. L’uomo e la donna sono indirizzati in scissioni insalubri, e insaziabili si accontentano di scegliere cocktail consolatori che il ventunesimo secolo prepara loro in svariati gusti, confezioni e colori. La nostra sensazione infantile di onnipotenza è coccolata, ricercata e mai contraddetta, in continui ossequi alla nostra immaturità. Gli effetti del capitalismo si protraggono in una cultura che educa uomini e donne non a conoscere loro stessi e diventare la loro massima espressione, all’equilibrio e la pienezza, bensì dalla esigenza di essere efficienti elementi dell’ingranaggio economico, sociale, educativo, politco, scientifico.

Presto e chiaramente, scegliamo la tuta blu, il camice bianco, la camicia bianca, le stellette. Gli attestati e  i titoli universitari sono totem a cui affidare la nostra identità. Un arrivo e porto sicuro, quasi mai rimesso in discussione. E ancora una volta lo spin originario non è mai stravolto.

Durante lo sviluppo, un individuo – di questo occidente, di questo tempo – sente chiara la tensione tra il suo dentro e il fuori, tirato tra desideri e richieste, individualità e aspettative. Sballottato in lotte continue tra Amore e Utile, Socialità e Individualità, conformismo e autentica espressione di sé, diventa seguace dell’una o dell’altro polo. Così si sceglie la casacca di musulmano, cristiano, buddista, ateo, ingegnere, psicologo, poeta o guerriero. Perdendo quasi subito l’infanzia e sottovalutando l’adolescenza, in virtù di ruoli adulti da ricoprire, estendiamo così il nostro vuoto  fatto di indiscutibili certezze, fino alla cosiddetta età della maturità. Diventiamo anche noi famelici divoratori di personalità, divorati a nostra volta dalla rinuncia alla nostra vera personalità.

Diventati parziali, specializzati, ci mettiamo in fila vibranti e insaziabili per consumare quei prodotti che la cultura di questo tempo ci offre. E la macchina del tempo che doveva portarci lontano, ci ha inchiodato al punto di partenza.  La produzione dei pezzi che servono per costruirla è diventata più importante di dove dovevamo andare. Ogni scelta è dominio del libero arbitrio in quanto uomini, ma nei nostri ruoli di costruttori di pezzi, è in realtà limitata in una fitta organizzazione onnipresente di persuasione e sudditanza al sapere, al potere. Se solo avessimo il coraggio di aver paura, rinunciare al tutto e smettere di correre sempre per fuggire da quella sensazione che una volta avevamo sentito che volevamo andare nella parte opposta. Se solo avessimo il coraggio, di smettere di spostarci per inerzia. Fermandoci, accettando la natura della dualità, da li riusciremmo a ripartire con una nuova prospettiva.

Il Panem et Circenses ha affollato la nostra cultura popolare così che non abbiamo più spazio per dialogare di queste cose. Non abbiamo più piacere di dialogare con gli uomini e le donne che hanno fatto la storia del progresso umano, per capire dove “andavano” e dove andiamo.

In seguito alla seconda guerra mondiale uno psicologo statunitense volle esperimentare l’influenza dell’autorità. Scoprì come indipendentemente dall’istruzione e dal mestiere, indistintamente, le persone tendano a seguire totalmente i comandamenti dell’autorità. Anche se questi vanno contro la volontà e la vita di un altro individuo. La cieca richiesta dell’autorità pressava e spingeva in virtù della necessità di una buona riuscita di qualcosa di ormai avviato e molto importante. Chi faceva le veci del professore, dell’autorità riconosciuta sottolineava l’impossibilità di sottrarsi all’esperimento una volta iniziato e questo richiamo era sufficiente per far passare in secondo piano il dolore e la volontà esplicità di un altro essere umano. Milgram, lo piscologo autore di questo esperimento, era di origine ebraiche ed era stato fortemente colpito dagli eventi dell’olocausto tanto che si era prefissato di cercare di capire come uomini comuni, con una proprià dignità potessero seguire ordini contro la dignità di altri uomini.

Nell’esperimento il sessantatre percento finì l’esperimento obbediendo totalmente all’autorità, il trentasette percento invece non lo fece. Condizioni sperimentali identiche, cosa è che cambiava ancora ad oggi non si riesce a capire.

Una volta accettato il gioco dei ruoli è difficile ricordarsi di essere altro oltre alle limitate possibilità del gioco stesso, e che soprattutto, siamo essere umani oltre le “persone” che indossiamo. E che in quanto essere umani abbiamo il diritto di scegliere, fare esperienza, lasciare e riprendere un nuovo cammino. Le delusioni e i fallimenti hanno da sempre costituito la fonte di uno scatto di reni che fin dai tempi della ruota han portato l’umanità a scoprire e progredire. Il consesso umano si è mosso così in un alternarsi di discese e risalite verso grandi gradi di consapevolezza e ancora, grandi fallimenti. Non è verità nuova che nuove conoscenze dell’animo umano diventino strumento di pochi che le usano per indottrinare, disciplinare e punire i molti. Qualcuno sfrutta da sempre la scia di chi crea strade nuove. Dalla notte dei tempi, nel grande gioco dell’umanità, ci sono sempre stati i ricercatori, che quasi sempre si definivano ricercatori delle cose inutili, e i pragmatici che ne hanno invece sempre colto il valore e ne hanno sfruttano tutti gli effetti.

Oggi questo modello storico è destinato a non funzionare più perché tutti siamo chiamati a trarre il meglio delle nostre diversità e genuinamente riconoscerci come fratelli responsabili l’uno dell’altro.

Così la prossima volta che qualcuno ci imporrà un ruolo e ci dirà “attenzione alunno, il tuo insegnante sta per iniziare il test” gli risponderemo:

“Zio, rilassati, è un gioco”

RIFERIMENTI

“Mantra” https://en.wikipedia.org/wiki/Mantra

Blue/White Collar https://en.wikipedia.org/wiki/Designation_of_workers_by_collar_color

“Panem et circenses” https://it.wikipedia.org/wiki/Panem_et_circenses

“Spin” https://it.wikipedia.org/wiki/Spin

Persona dall’etrusco phersu=maschera https://it.wikipedia.org/wiki/Persona_(filosofia)  

5 Onde di Kondratiev https://it.wikipedia.org/wiki/Onde_di_Kondratiev 

Behavioral Study of Obedience, Stanley Milgram, 1963

L’ORIGINE DELLE CIVILTA’ (O PIU’ SEMPLICEMENTE: IL PERCHE’ DEI GIOCHI APERITIVO)

Vogliono l’attenzione per se. Necessitano di soddisfare l’ego. Vogliono sentire che chi hanno incontrato nella loro vita li guarda. E per questo creano immediatamente un gruppo, hanno questa esigenza basilare, così da esserne il centro. Sono atterriti dalla solitudine e per questo sono irritati da chi la possiede. Chi la possiede invece, non crea proprietà privata, una spiaggia se la gode sdraiato al sole, né mette ingressi, né organizza… giochi aperitivo.