difficile
difendersi dalle banalità,
sopra le nuvole
ci vuole coraggio
difficile
difendersi dalle banalità,
sopra le nuvole
ci vuole coraggio
Sbattere il culo per terra deve avere senso. Perché mi pare l’unico modo di sentirlo parte del corpo.
Come sempre, quando mi succede, mi ritrovo ad avere in tasca l’ispirazione per scrivere due righe. In sottofondo musica di tango – “No me toquen ese vals” – e una deliziosa alba fuori dalla finestra .
Ho la solita sensazione di averla già vissuta ‘sta vita; in lotta per afferrare il senso e dipingerlo su una pagina bianca. Correre e inchinarmici e vederlo sfuggire una volta in più, all’ultimo momento. Riuscirò mai ad esaudire il vero senso di questo mio viaggio?
Chissà se la morte è l’unico arrivo o se non esista qualcosa per raggiungere davvero la quiete.
E da tanto che vorrei vivere uno di quei giorni in cui tutto è chiaro.
Mi sembra sempre di essere dalla parte opposta: nel puntino del colore opposto nelle metà del tao. Nel bianco vedo il nero, nel nero vedo il bianco. Lo desidero, faccio di tutto per raggiungerlo, ma una volta raggiunto, una forza invincibile mi getta istantaneamente nell’unico punto del colore opposto.
Dunque di nuovo in minoranza, persino con me stesso.
Nella vita ciò che più importa, capisco che è la narrazione, ovvero, parafrasando Gandhi: non tanto essere nella tempesta quanto saperla danzare bene. E dunque, tutto ciò che di brutto ci accade e, soprattutto, che c’è in noi, può essere sempre ben narrato e più che evitare il male sarebbe necessario sapere avvicinarsi a tutti quelli che ti sanno leggere e soprattutto narrare bene.
D’altronde se si considera un pesce per la sua abilità di arrampicarsi su un albero risulterà sempre inadeguato, diceva uno che è passato alla storia perché faceva le linguacce – o per qualcosa del genere.
Sebbene, mi rimanga il dubbio perché mai, io in quanto pesce, mi ritrovi di tanto in tanto su un albero,
mi rendo conto che a volte occorre fare fagotto e rimettersi in marcia…
verso l’altra parte del Tao.
Seduto in questo ristorante pittoresco, faccio passare un po’ il tempo riempiendo le mie viscere: attività che sembra risuonare in qualche maniera come il lait motive della mia vita.
Aspetto l’inizio di una milonga che sarà in un bar qua vicino. Si tratta di uno dei momenti in cui nutro il mio vero sé. Nel frattempo, scrivo qualche appunto di viaggio e mangio un mafe africano con del pilav di accompagnamento.
Il fatto che abbia azzardato a Mustafa in turco un “turk musun?”, mi deve aver fatto guadagnare molto credito e simpatia perché mi è appena andato a comprare un ayran che il locale abitualmente non ha in listino.
Mustafa è il proprietario del locale e stranamente è un turco: stranamente, o magicamente, da anni ormai, dall’ultimo mio viaggio ad Istanbul, mi ritrovo a mangiare quando sono in paesi stranieri in locali di turchi, come se loro fossero la mia vera famiglia nel mondo.
O forse il fatto, è che sono davvero dappertutto.
Mentre scrivo queste cose, alla ragazza nel gruppo di amici seduti vicino alla mia tavola scappa un rutto.
Qualche secondo di silenzio e seguono le risate dei suoi compagni.
Io non posso trattenermi dal ridere a mia volta, il che rinforza le risate della comitiva.
Quello stesso spirito libero che le ha fatto sorgere la spontanea onda sulla riva la fa ridere e chiedermi simpaticamente scusa.
Di fronte a me, noto sulla mia sinistra un ragazzone, e anche lui mi sembra turco.
E’ uscito dal locale per rispondere ad una telefonata, probabilmente è uno dei cuochi. Si è appoggiato al muro della piccola stradina in cui si trova la fila di tavolini del Soleil d’Afrique. Così chiama questo grazioso spicchio di Bruxelles.
Indossa un pantalone di tuta da cui si intravede il suo arrogante pacchetto.
Io vesto giacca e cravatta, camicia bianca e spolverino blu notte.
Sono stato ad una conferenza questa mattina. Assecondo il sé storico affinché possa mantenermi l’indipendenza raggiunta in questi ultimi due anni.
Di tanto in tanto però sfrutto le fessure che la vita mi offre per godere dell’imprevisto e ricordare la vera essenza dell’amore:
L’improvvisazione.
afferro
il tuo cuore
con dolcezza
il mio è il tuo
il tuo è il mio
non mi spaventa più
tra tutte le immagini
che confondono
ritrovo la melodia
nella
splendida
danza
La melodia cresce
I rumori sfumano
Fermo un istante prima
la mia imitazione
per non prendere in prestito il dolore
del poeta
Neppure trascino il tuo ricordo
nella pancia del seduttore
che costringe
in una poesia
l’amore
Oltre queste righe
si vola insieme
Abbandono la quiete
per un attimo,
per questo brivido.
Perché questo brivido lo voglio sentire.
Dicevo, sapevo
che l’orizzonte è alto
e appassionarmi ad un amore
non l’avrei fatto più.
Eppure, giaccio
aspettando la tua voce,
e me la voglio godere.
Se mi accendi
il cuore
per ogni volta che danzi la vita.
Chi parte
e torna
con qualcosa da dire
dovrebbe sempre salire sul palco
Ma chi fabbrica artisti
non riconosce che l’arte
è solo nella vita
Per quanto mi riguarda
quando passa
me ne nutro
tra un singhiozzo
e una scoperta
Perché quelli come me
non importa la strada da dove arrivano
si ritrovano sempre insieme
Mentre voi vi spendete
a cercare qualcosa
che quando scorre
non scegliete
Incapaci
di rifiutare chi vi afferra
e di volere
chi volete
veo
que
no me acostumbro
yo sé
le dos calles
morir iluminado de la verdad
o abandonarme a vivir
in eso
destino vacante
escribo poemas para Dios
porque yo soy
suyo bailarin
y mi vida
es su tango
no hay
ninguna respuesta
aficionado
como soy
a la pregunta
in una colazione
a buffet di un economico ostello
dove passano jeff buckley e jarryd james
quando dalla finestra intravedi una leggera pioggia
che sfoca la visione degli armadietti colorati
ti dimentichi di essere canonico,
metodico,
misurato,
politico,
e usi tutto per segnarti una poesia
pensi alla notte spesa tra gli impulsi
puttane maleodoranti
ispirate note di neotango
non te la togli di dosso quella voglia d’avventura
proprio come quel puzzo d’ascelle
di certi locali dove vai a chiudere certe serate
la vita
è di chi ad un passo della vittoria
abbandona
anticipare a capofitto la discesa
l’unico modo di prolungare
la felicità