Seduto in questo ristorante pittoresco, faccio passare un po’ il tempo riempiendo le mie viscere: attività che sembra risuonare in qualche maniera come il lait motive della mia vita.
Aspetto l’inizio di una milonga che sarà in un bar qua vicino. Si tratta di uno dei momenti in cui nutro il mio vero sé. Nel frattempo, scrivo qualche appunto di viaggio e mangio un mafe africano con del pilav di accompagnamento.
Il fatto che abbia azzardato a Mustafa in turco un “turk musun?”, mi deve aver fatto guadagnare molto credito e simpatia perché mi è appena andato a comprare un ayran che il locale abitualmente non ha in listino.
Mustafa è il proprietario del locale e stranamente è un turco: stranamente, o magicamente, da anni ormai, dall’ultimo mio viaggio ad Istanbul, mi ritrovo a mangiare quando sono in paesi stranieri in locali di turchi, come se loro fossero la mia vera famiglia nel mondo.
O forse il fatto, è che sono davvero dappertutto.
Mentre scrivo queste cose, alla ragazza nel gruppo di amici seduti vicino alla mia tavola scappa un rutto.
Qualche secondo di silenzio e seguono le risate dei suoi compagni.
Io non posso trattenermi dal ridere a mia volta, il che rinforza le risate della comitiva.
Quello stesso spirito libero che le ha fatto sorgere la spontanea onda sulla riva la fa ridere e chiedermi simpaticamente scusa.
Di fronte a me, noto sulla mia sinistra un ragazzone, e anche lui mi sembra turco.
E’ uscito dal locale per rispondere ad una telefonata, probabilmente è uno dei cuochi. Si è appoggiato al muro della piccola stradina in cui si trova la fila di tavolini del Soleil d’Afrique. Così chiama questo grazioso spicchio di Bruxelles.
Indossa un pantalone di tuta da cui si intravede il suo arrogante pacchetto.
Io vesto giacca e cravatta, camicia bianca e spolverino blu notte.
Sono stato ad una conferenza questa mattina. Assecondo il sé storico affinché possa mantenermi l’indipendenza raggiunta in questi ultimi due anni.
Di tanto in tanto però sfrutto le fessure che la vita mi offre per godere dell’imprevisto e ricordare la vera essenza dell’amore:
L’improvvisazione.